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lunedì 15 dicembre 2008

UN RACCONTO DI MARIA ROMEY / SHORT STORY BY MARIA ROMEY


CINDERELLA IN REVERSE
by Maria Romey

La contessa Damascati guardò ancora una volta il grande tappeto e poi tirò furibonda il cordone di velluto appeso al soffitto, correndo il rischio di strapparlo. Per delle vie misteriose e silenziose il richiamo, partito dalla sala foderata di seta cremisi, si sarebbe propalato fin nei meandri più nascosti, ombrosi e odorosi della casa: le cucine, la stireria, gli alloggi della servitù. L’avrebbero sentita, eccome. Le avrebbe licenziate tutte: Natalina, Maria, Pina, Alfreda, Anna. Servacce buone a nulla, infide e pettegole. Avrebbe approfittato di una lunga assenza del marito, in viaggio d’affari, per cambiare radicalmente la compagine delle fantesche. Ma prima, ci sarebbe stata una sfuriata di proporzioni storiche, epocali: le avrebbe inchiodate una volta per sempre alle loro responsabilità, quelle ignoranti popolane senza cervello. La macchiolina sul tappeto era, letteralmente, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: la responsabile era Anna, questo lo si sapeva benissimo: la stupida aveva pensato bene di tagliarsi un dito e di macchiare irreparabilmente il persiano! Inutilmente la contessa l’aveva obbligata, ginocchioni, a sfregare con acqua fredda: nessun risultato apprezzabile. Ma la tragedia della macchia aveva avuto tutto sommato il suo risvolto positivo: era l’occasione per fare piazza pulita di quelle sguattere piagnucolose, sempre pronte a lamentarsi e sgranare il rosario delle loro disgrazie proprio davanti a lei, la contessa Damascati!
Un altro strappo rabbioso al campanello. La contessa tese l’orecchio, in attesa di un rumore qualsiasi: nulla, silenzio avvolto nel silenzio. Ma dove si erano cacciate quelle maledette?
Stava per uscire dalla sala e recarsi di persona a stanare le domestiche dai loro buchi, quando improvvisamente, silenziosamente, le comparve davanti la Pina. Non l’aveva sentita arrivare, perciò la vide solo all’ultimo momento, ferma davanti alla porta principale del salotto, con in mano un paio di calzature. Dalla fattura e dal colore le riconobbe immediatamente come un paio di scarpe da cameriera.
- Cosa diavolo fai con quelle scarpe in mano, Pina? Ti ho sempre detto che la vostra roba ve la dovete tenere in stanza, non voglio vedere le vostre scarp...
La contessa si interruppe: alla sua destra era comparsa Natalina, e anche lei aveva in mano qualcosa: una divisa nera, stirata e pulita.
Non fece in tempo a proferire una sillaba, la contessa, che al suo fianco si materializzò proprio Anna, la quale teneva delicatamente fra le dita un grembiulino bianco. La contessa Damascati non poté fare a meno di notare che la donna aveva l’indice destro fasciato.
- Metti subito giù quel grembiule, stupida, vuoi macchiare di sangue anche quello? - strillò furibonda.
Le tre donne non dissero niente, mostrando solo le facce contadine chiuse, impenetrabili. Fecero tutte e tre un passo avanti, quasi nello stesso momento.
La contessa istintivamente arretrò, andando a sbattere con la schiena contro qualcosa di morbido: era l’ampio petto di Alfreda, una bonacciona veneta che non avrebbe fatto male a una mosca. Tranne in quel momento. Alfreda aveva un taglio pallido al posto delle labbra, e fissava la contessa stringendo in mano una crestina inamidata.
Annalisa Damascati sorrise, fingendo una disinvoltura che in quel momento sentiva di non possedere assolutamente.
- Beh, cosa succede? Siete venute qui come tante spaventapasseri in grembiule per mostrarmi il vostro guardaroba? Come se non lo conoscessi! Io l’ho scelto per voi!
Le quattro donne la strinsero ancora, sempre più vicine, stendendo le braccia verso di lei, ruvidamente offrendo alla padrona la loro mercanzia. In un lampo la contessa si rese conto che le scarpe, il grembiulino e l’uniforme erano della sua misura, erano per lei. Mentre Maria (sì, era arrivata anche la lavapiatti) le scioglieva i capelli e Pina si piegava a sfilarle le scarpe, la contessa si sentì mancare e svenne. Quando riaprì gli occhi, vide cinque contadine in abito lungo, profumate e ingioiellate, comodamente sedute in poltrona, che la fissavano.
- Grottesco, - pensò ancora mezza stordita, mentre sentiva qualcosa cingerle il grembo. Meccanicamente portò una mano al ventre e incontrò la stoffa inamidata di un impeccabile grembiulino bianco.

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